Mauro Montacchiesi

Istria

ISTRIA

 

Humiles laborant,

ubi potentes dissident.

Gli umili soffrono,

quando i potenti si scontrano.

Semplici,

ma pregnanti,

queste parole di Fedro.

Aulica allegoria

ante litteram

del terribile dramma

del nobile popolo

istriano-fiumano-dalmata.

Profondamente

sculta

nella mente,

nel cuore,

è l’atroce tragedia

delle foibe,

dell’esodo

dalle loro terre,

degli Istriani,

dei Fiumani,

dei Dalmati.

Storie in cammino,

le loro,

che si sono fatalmente intrecciate,

che hanno creato legami

o distrutto famiglie.

Destinate,

comunque,

ad imprimere indelebili tracce,

trasformando per sempre

la vita della collettività.

In ogni singolo nome,

una sui generis,

diversa storia in cammino.

Unico,

tuttavia,

il trait-d’union:

il meraviglioso,

indefesso coraggio

di preservare,

con orgoglio,

la propria identità italiana.

Un biglietto per un treno speciale,

un permesso per l’accesso al campo,

il vilipendio infamante

delle impronte digitali.

E poi:

l’arrivo in Italia.

Una nuova,

inaspettata emarginazione,

che solo il nome

aveva cambiato.

Alloggi freddi e umidi.

Ti gavessi sentì che genico (*) che iera! "

E non soltanto quello climatico!

Consunte,

lerce coperte,

a malapena celavano l'intimità,

tra fiochi bagliori di umana dignità!

La madrepatria

non aveva capito la ragione

per cui il popolo istriano

aveva abbandonato le sue terre.

Tristi,

delusi,

esuli in patria.

Questo vedevano

gli occhi innocenti

di sconvolti bambini.

Testimoni,

tasselli di un mosaico

della vita quotidiana

che emozionalmente,

ancor oggi,

raccontano

il vibrante anelito

di quella parte di Italiani,

fuggiti dalle loro case,

pur di restare fedeli

al proprio credo,

alle proprie tradizioni,

al proprio essere

fieramente Italiani.

Hac lupi,

hac canes!

Di qua i lupi,

di là i cani!

Così recitava Plauto in

Casina, verso 852.

Ad enfatizzare

una situazione

drammatica,

senza via d’uscita.

Il negazionismo.

Forse l’onta maggiore.

I martiri delle foibe

si rivoltano

nelle tombe anonime.

Come negare

la foiba di Basovizza?

Eppure si nega!

" Xe una maniga de smafari! "(**)

Pauper ubique iacet!

Il povero sta male comunque!

Chi è debole viene sempre e comunque colpito!

< Ovidio (Fasti, 1, 218) >

-

(*) freddo intenso (dialetto istriano)

(**) imbroglioni (dialetto istriano)

***

TRA I LIMPIDI RUSCELLI DEL CUORE

 

Una spada,

di terrore affilata,

squarcia il cuore

che implora misericordia,

in bilico,

sull’incerta soglia dell’aldilà.

Una grande conca chiusa,

un inghiottitoio,

o,

più semplicemente,

un vocabolo,

ripugnante da proferire:

foiba!

Foiba,

un termine

che dissolve nel vento

ogni afflato di vita.

Foiba,

un golgota rovesciato

nelle cavità della Terra,

con identica essenza!

Esseri umani,

incaprettati

dalla delirante follia dei violenti

e più tardi gettati

verso quel fondo,

dove il sole è straniero,

fino allo spegnersi

ogni barlume di vita,

tra calcari

che diventano

carboni di misericordia.

Esseri umani,

deturpati,

abusati

dalla sete di violenza,

dalla distorsione dottrinale.

Tra le umide stille di bruma,

ogni volta che
tra le carsiche doline,

perenne cala la notte,

in flebili,

evanescenti bisbiglìi,

ancora riverbera il dolore

sulle ali di luminosa una fede,

senza tempo.
Sulle loro labbra,

Il nome della madrepatria,

fino all’ultimo soffio di vita,

lacerati dalla sofferenza.

Uomini e donne,

bambini ed anziani,

privi di protezione e di conforto,

eclissati nel nulla,

portando con sé il ricordo

delle fragranti,

variopinte primavere d’Istria.

Quelli che poterono salvarsi,

con dolore

abbandonarono ogni cosa.

Un esodo biblico,

intarsiato di gelide

brine di pianto,

con meta la madrepatria.
Un senso di morte

scintillava nelle loro pupille.

La speranza carezzava l’anima.

Razziati di ogni bene,

ma non dell’amor proprio.

Desiderosi di tornare a nuova vita,

sentendo pulsare

l’Italia

tra i limpidi ruscelli del cuore.

 


 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Published on e-Stories.org on 09.02.2019.

 
 

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