ISTRIA
Humiles laborant,
ubi potentes dissident.
Gli umili soffrono,
quando i potenti si scontrano.
Semplici,
ma pregnanti,
queste parole di Fedro.
Aulica allegoria
ante litteram
del terribile dramma
del nobile popolo
istriano-fiumano-dalmata.
Profondamente
sculta
nella mente,
nel cuore,
è l’atroce tragedia
delle foibe,
dell’esodo
dalle loro terre,
degli Istriani,
dei Fiumani,
dei Dalmati.
Storie in cammino,
le loro,
che si sono fatalmente intrecciate,
che hanno creato legami
o distrutto famiglie.
Destinate,
comunque,
ad imprimere indelebili tracce,
trasformando per sempre
la vita della collettività.
In ogni singolo nome,
una sui generis,
diversa storia in cammino.
Unico,
tuttavia,
il trait-d’union:
il meraviglioso,
indefesso coraggio
di preservare,
con orgoglio,
la propria identità italiana.
Un biglietto per un treno speciale,
un permesso per l’accesso al campo,
il vilipendio infamante
delle impronte digitali.
E poi:
l’arrivo in Italia.
Una nuova,
inaspettata emarginazione,
che solo il nome
aveva cambiato.
Alloggi freddi e umidi.
Ti gavessi sentì che genico (*) che iera! "
E non soltanto quello climatico!
Consunte,
lerce coperte,
a malapena celavano l'intimità,
tra fiochi bagliori di umana dignità!
La madrepatria
non aveva capito la ragione
per cui il popolo istriano
aveva abbandonato le sue terre.
Tristi,
delusi,
esuli in patria.
Questo vedevano
gli occhi innocenti
di sconvolti bambini.
Testimoni,
tasselli di un mosaico
della vita quotidiana
che emozionalmente,
ancor oggi,
raccontano
il vibrante anelito
di quella parte di Italiani,
fuggiti dalle loro case,
pur di restare fedeli
al proprio credo,
alle proprie tradizioni,
al proprio essere
fieramente Italiani.
Hac lupi,
hac canes!
Di qua i lupi,
di là i cani!
Così recitava Plauto in
Casina, verso 852.
Ad enfatizzare
una situazione
drammatica,
senza via d’uscita.
Il negazionismo.
Forse l’onta maggiore.
I martiri delle foibe
si rivoltano
nelle tombe anonime.
Come negare
la foiba di Basovizza?
Eppure si nega!
" Xe una maniga de smafari! "(**)
Pauper ubique iacet!
Il povero sta male comunque!
Chi è debole viene sempre e comunque colpito!
< Ovidio (Fasti, 1, 218) >
-
(*) freddo intenso (dialetto istriano)
(**) imbroglioni (dialetto istriano)
***
TRA I LIMPIDI RUSCELLI DEL CUORE
Una spada,
di terrore affilata,
squarcia il cuore
che implora misericordia,
in bilico,
sull’incerta soglia dell’aldilà.
Una grande conca chiusa,
un inghiottitoio,
o,
più semplicemente,
un vocabolo,
ripugnante da proferire:
foiba!
Foiba,
un termine
che dissolve nel vento
ogni afflato di vita.
Foiba,
un golgota rovesciato
nelle cavità della Terra,
con identica essenza!
Esseri umani,
incaprettati
dalla delirante follia dei violenti
e più tardi gettati
verso quel fondo,
dove il sole è straniero,
fino allo spegnersi
ogni barlume di vita,
tra calcari
che diventano
carboni di misericordia.
Esseri umani,
deturpati,
abusati
dalla sete di violenza,
dalla distorsione dottrinale.
Tra le umide stille di bruma,
ogni volta che
tra le carsiche doline,
perenne cala la notte,
in flebili,
evanescenti bisbiglìi,
ancora riverbera il dolore
sulle ali di luminosa una fede,
senza tempo.
Sulle loro labbra,
Il nome della madrepatria,
fino all’ultimo soffio di vita,
lacerati dalla sofferenza.
Uomini e donne,
bambini ed anziani,
privi di protezione e di conforto,
eclissati nel nulla,
portando con sé il ricordo
delle fragranti,
variopinte primavere d’Istria.
Quelli che poterono salvarsi,
con dolore
abbandonarono ogni cosa.
Un esodo biblico,
intarsiato di gelide
brine di pianto,
con meta la madrepatria.
Un senso di morte
scintillava nelle loro pupille.
La speranza carezzava l’anima.
Razziati di ogni bene,
ma non dell’amor proprio.
Desiderosi di tornare a nuova vita,
sentendo pulsare
l’Italia
tra i limpidi ruscelli del cuore.
All rights belong to its author. It was published on e-Stories.org by demand of Mauro Montacchiesi.
Published on e-Stories.org on 09.02.2019.
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